Le 4 C del diamante
Peso o massa (Carat)
Il carato è un’antica unità di misura basata sull’uso tradizionale di semi di carrubo per pesare i metalli preziosi, pratica molto comune nei bazar del Medio Oriente e dell’Asia. L’utilizzo dei semi della pianta del carrubo come criterio per tale valutazione era legato all’antica convinzione che essi fossero particolarmente uniformi nelle dimensioni e nel peso.
Il carato fu rapportato e definito con precisione solo nel 1832 in Sudafrica, il luogo di maggior produzione ed esportazione di diamanti del mondo, dove ne fu stabilita la connessione con il sistema metrico decimale: pesando con una bilancia a braccia uguali più semi di carruba ed eseguendo poi la media aritmetica dei valori ottenuti ne derivò un valore pari a circa 0,2 grammi.
Successivamente la quarta Conférence générale des poids et mesures del 1907 adottò come valore del carato (detto carato metrico) una unità di massa di 0,2 grammi. Il carato metrico è quindi l’unità standard di peso usata per il diamante e tutte le pietre e il simbolo utilizzato per indicarlo è ct.
5 carati= 1 grammo.
Si divide in centesimi o punti.
1 carato= 100 punti
Es. ct 0,15=15 punti.
Colore (Color)
Per indicare il colore del diamante (più correttamente indicato come grado di colore) è attualmente in uso il sistema proposto dall’Istituto Gemmologico Americano (GIA) basato sulle lettere dell’alfabeto dalla D (diamanti incolore) fino alla Z (diamanti gialli o marrone chiaro).
Un diamante privo di colore è “incolore“ e non “bianco”, termine quest’ultimo erroneamente utilizzato in passato. Ognuna delle lettere della scala non indica un colore ben preciso, ma piuttosto una gamma di colore basata sulla combinazione di tono (grado di luminosità di una tinta) e saturazione (forza o intensità di un colore). La combinazione di questi due elementi da vita alla profondità della tinta, rappresentante la misura che indica il grado di maggiore o minore visibilità del colore.
I diamanti possono assumere quasi tutte le colorazioni, che sono dovute ad impurezze o difetti strutturali: il giallo ambrato e il marrone sono le più comuni, il rosso, il rosa e il blu sono le più rare.
È da rilevare che i diamanti incolori non appaiono tali alla vista, in quanto le sfaccettature riflettono i colori dell’ambiente circostante; come per altre gemme incolori, muovendole i colori cambiano rapidamente (questo effetto, molto intenso nei diamanti, è detto “brio” o “fuoco”). La maggior parte dei diamanti presenta sempre una traccia di colore di base.
La classificazione del colore viene eseguita in condizione di luce artificiale standardizzata, ovvero confrontando l’esemplare mediante l’uso di una scala di confronto costituita da “pietre di paragone”.
Purezza (Clarity)
La purezza viene definita come relativa assenza delle caratteristiche interne di un diamante. Le caratteristiche interne vengono chiamate inclusioni, imperfezioni formatasi prima, durante o dopo la cristallizzazione del diamante.
Possono essere solo interne o imperfezioni che partono dalla superficie e si estendono all’interno della pietra. Le caratteristiche esterne sono imperfezioni che si trovano sulla superficie e di solito potrebbero essere rimosse con la lucidatura di una o più faccette.
La purezza di un diamante viene determinata per convenzione internazionale a 10 ingrandimenti (10x). I parametri che influenzano il grado di purezza sono: la dimensione, la quantità, la posizione, la natura ed il colore delle inclusioni.
Taglio e Proporzioni (Cut)
Il taglio è la lavorazione che subisce un diamante grezzo (segatura, sfaldatura, sgrezzatura, politura) oppure la lavorazione che può subire un diamante già lavorato che viene ritagliato per ottenere delle, proporzioni e simmetrie diverse oppure per eliminare scheggiature esterne.
La forma più comune è quella rotonda, ma un diamante può essere tagliato anche in forme di fantasia come ad esempio a cuore, goccia, ovale e tante altre. La decisione per una forma o per un’altra viene presa dopo un’attenta e accurata valutazione del grezzo in base alla forma del cristallo, presenza, dimensioni, posizione di inclusioni.
Le proporzioni con cui venivano tagliati i diamanti, fin dall’antichità, erano empiriche e per lo più seguivano in gran parte la forma del cristallo grezzo. Dobbiamo a Marcel Tolkowshy e al suo studio, la scoperta delle proporzioni ideali teoriche che consentono i massimi valori di brillantezza e dispersione.
Tali proporzioni impongono una notevole percentuale di scarto rispetto alle forme più comuni di grezzo e spesso i tagliatori derogano un poco rispetto a queste proporzioni eccellenti. Lo scopo è quello di ottenere un peso e un diametro apprezzabilmente superiore del diamante finito.